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ETIOPIA

ETIOPIA Stato dell’Africa orientale. Confina a N con l’Eritrea, a E con la Somalia e la Repubblica di Gibuti, a S con il Kenya, a O con il Sud Sudan.

CARATTERISTICHE FISICHE
Il paese, tipicamente di montagna, può essere sommariamente ripartito in tre grandi regioni morfologiche: l’Acrocoro Etiopico propriamente detto, la Dancalia e l’Altopiano Galla-somalo. L’imbasamento dell’intera regione è formato da rocce cristalline prepaleozoiche eruttive e metamorfiche. Questo substrato roccioso appare sovrastato da depositi marini arenacei e calcarei che risalgono all’inizio dell’era secondaria e da vasti espandimenti di materiali lavici, assai fluidi, originati da fessurazioni e fratture del Cretaceo, i quali, modellandosi sulle superfici tabulari preesistenti dell’Acrocoro Etiopico, raggiunsero uno spessore anche di circa 3000 metri. La discontinuità degli orizzonti morfologici è stata successivamente accentuata da nuovi perturbamenti tellurici all’inizio dell’era terziaria, che produssero gli sprofondamenti e le immani fosse che caratterizzano l’Africa orientale.
La vasta unità morfologica del massiccio etiopico, cui ben si addice l’appellativo di ‘fortezza’, s’innalza nella parte occidentale, a N e a O del grande solco tettonico individuato dalla fossa dei laghi galla, dalla valle dell’Awash, dalla Dancalia interna e dal Mar Rosso. L’altezza media si mantiene tra i 2000 e i 2500 m, con numerose vette che raggiungono quote superiori ai 4000. L’altopiano presenta due versanti nettamente asimmetrici. Quello occidentale appare intagliato da veri e propri canyon scavati dai fiumi che, prendendo origine dal ciglio orientale, scendono verso le basse terre sudanesi, con un andamento tortuoso dettato soprattutto dalla tettonica. Nonostante il vivace lavorio dell’erosione, i singoli lembi dell’acrocoro sono sempre spianati sulla sommità e discendono con pendici a gradinate. Il versante orientale incombe invece con pendio accentuato sugli affossamenti della Dancalia. Questa è una regione grossolanamente triangolare, chiusa verso il mare da una serie di monti costieri, in gran parte vulcanici e di origine recente, e contornata per il resto dalle rigide scarpate dei due altipiani; nella sezione interna è caratterizzata dalla presenza di grandi bassure rocciose o invase da sabbie, le quali non sono altro che bacini endoreici in cui si perdono le acque che scendono dagli altipiani, come quelli dell’Awash, il maggiore dei fiumi etiopici scorrenti verso E. L’Altopiano Galla-somalo è a sua volta ben differenziato dalle due precedenti unità morfologiche. Il suo crinale spartiacque verso N e NO, pur superando i 4000 m di altitudine, non è così netto come quello orientale dell’Acrocoro Etiopico, in quanto discende verso terre meno depresse, come il fondo della fossa dei laghi galla, che in qualche tratto arriva ai 2000 m di altezza. Il tavolato somalo digrada poi dolcemente a SE verso la pianura somala, celandosi sotto una spessa coltre di terreni più recenti; le valli dei fiumi hanno direzione prevalente NO-SE, concentrandosi nei due grandi bacini idrografici del Giuba (il cui alto corso prende il nome di Genale Doria) e dell’Uebi Scebeli.
In relazione alla posizione geografica, la regione etiopica è dominata da un clima che si può definire di tipo tropicale, benché con gradazione e sfumature diverse, dovute in gran parte ai fattori altimetrici e orografici. Vi si alternano due stagioni termo-pluviali: una meno calda da ottobre a marzo, con scarse precipitazioni, e l’altra più calda da aprile a settembre, con maggior piovosità. Se l’estensione del territorio in latitudine spiega una diminuzione media delle piogge andando dall’equatore verso i tropici, altri fattori naturali, quali l’altitudine e la disposizione del rilievo, intervengono a determinare le profonde differenze regionali, sia termiche sia anemometriche e pluviometriche. Va poi tenuto conto della vicinanza dell’immensa massa continentale asiatica, per cui d’inverno l’Etiopia viene a trovarsi sotto l’influenza dell’anticiclone a NE, mentre a SO si dilata la zona ciclonica dell’Africa centrale. La circolazione atmosferica che ne deriva investe l’altopiano in direzione NE-SO, poco carica di umidità, e le scarse piogge irrorano unicamente le coste e la scarpata dell’altopiano. Nel mese di luglio la situazione s’inverte e i venti equatoriali, caldi e umidi, provenendo sia da SE sia da SO, scaricano le loro acque sulle zone più elevate. Si vengono così a creare situazioni diverse tra l’acrocoro e le zone periferiche: nel primo si superano in media dappertutto i 1000 mm annui, con valori che sui rilievi centrali e nelle aree occidentali raggiungono anche i 1800 mm, mentre verso E e SE le quantità decrescono fino ai valori minimi della Dancalia centrale (50 mm) e del piede dell’Altopiano Somalo. Come per le precipitazioni, anche per le temperature l’altitudine svolge un ruolo predominante; pertanto, tra le bassure e le regioni d’altopiano si avvertono differenze medie sensibili, di 8-14 °C. La tradizione locale divide il paese in fasce altimetriche con particolari condizioni termiche e pluviometriche (qollà, uoina degà, urec) che si riflettono sulla vita biologica, umana, economica
La rete idrografica, decisamente condizionata dalla struttura morfologica, ha un tipico andamento radiale: il paese, infatti, manda le sue acque al Mediterraneo (mediante il Nilo), all’Oceano Indiano e al Mar Rosso. Non mancano poi, come si è notato, estese zone endoreiche. Il regime pluviometrico riscontrato in gran parte dell’Etiopia e l’assoluta mancanza di ghiacciai e di nevai spiegano il prevalente carattere torrentizio dei corsi d’acqua; la morfologia dell’acrocoro ne determina poi lo sviluppo accidentato. Tranne quelli della zona endoreica, nessun fiume corre interamente in territorio etiopico: dunque, il massiccio è grande dispensatore di risorse idriche alle siccitose aree confinanti, sia somale sia sudanesi. Tra i fiumi che inviano le loro acque al Nilo i principali, da nord a sud, sono il Gash, l’Atbara e il Nilo Azzurro, asse principale della rete idrografica etiopica. I più importanti fiumi del versante dell’Oceano Indiano sono il Giuba e l’Uebi Scebeli. Tra i corsi d’acqua della zona endoreica spiccano l’Omo (denominato Omo Bottego in onore del suo esploratore), che immette nel Lago Turkana, e l’Awash. L’E. è inoltre ricca di laghi. Accanto a quelli della Fossa Galla (Zuai; Langana; Awasa; Abaya, già Margherita; Ciamò, già Ruspoli; Stefania o Chew Bahir), va ricordato il Tana, la cui origine è dovuta a uno sbarramento lavico alla testata della valle del Nilo Azzurro.

POPOLAZIONE
La popolazione dell’Etiopia comprende genti appartenenti a diversi ceppi etnici e linguistici, insediatesi nel paese in epoche diverse. Tralasciando le più antiche, che ne rappresentano attualmente solo una frazione marginale o residuale, le genti propriamente etiopiche, parlanti lingue cuscitiche, sono essenzialmente le tribù note con il generico appellativo di Sidamo, alle quali soltanto assai più tardi (16° sec.) si aggiunsero le numerose tribù degli Oromo (o Galla), costituenti l’ondata cuscitica più recente e numericamente più consistente. Nel Sud-Est un altro numeroso gruppo cuscitico è costituito dai Somali (zona di Harar, Ogaden). Le attuali popolazioni parlanti lingue semitiche, cristianizzate, insediate in assoluta prevalenza sull’altopiano centro-settentrionale, comprendono gli Amhara (il cui idioma, l’amarico, è lingua ufficiale), che storicamente hanno svolto un ruolo importante nel processo di formazione dello Stato e tuttora prevalgono nelle cariche pubbliche, e i Tigrini, insediati in una regione, il Tigrai, che per secoli è stato il fulcro del regno cristiano d’Etiopia.
Solo nel 1984 lo Stato etiopico provvide a effettuare il primo censimento ufficiale, che rilevò una popolazione di 42.020.000 ab., saliti nel 2009, secondo una stima, a oltre 85 milioni. La dinamica demografica naturale è molto vivace: con un tasso di natalità valutato al 43‰ e nonostante una mortalità tuttora elevata (11,8‰), l’Etiopia s’inquadra decisamente tra i paesi a forte incremento di popolazione, ben lontani dalle fasi mature del processo di transizione demografica.
La densità, a fronte di un valore medio di circa 75 ab./km2, presenta netti contrasti nelle varie regioni secondo l’altitudine: sugli altipiani, che occupano circa la metà del paese, si addensano i 9/10 della popolazione. Per contro, i bassipiani orientali e settentrionali, corrispondenti alle zone desertiche (e a quelle subdesertiche del nomadismo pastorale), hanno densità inferiori a 5 ab./km2. La struttura e le forme dell’insediamento hanno subito profonde modificazioni, specialmente a partire dal nuovo corso politico-economico degli anni 1970. Lo sviluppo di attività industriali e commerciali ha innescato un processo di inurbamento dai villaggi tradizionali soprattutto verso la capitale. Spostamenti interni di popolazione sono stati causati, inoltre, dai conflitti che hanno interessato alcune regioni (Eritrea, divenuta indipendente nel 1993, Ogaden, Tigrai) e dalle calamità naturali (in particolare le siccità, con le conseguenti carestie) che hanno ripetutamente colpito il paese negli ultimi decenni del 20° secolo. Nei primi anni 1980, poi, è stata adottata una strategia di concentrazione della popolazione rurale in nuovi moderni villaggi, costruiti grazie a massicci aiuti internazionali, che ha portato al trasferimento di quasi 4 milioni di persone, in parte anche a grandi distanze, dalle zone settentrionali a quelle centrali e sud-occidentali. Tale strategia, giustificata dal governo dell’epoca con l’esigenza di ammodernare le attività agricole e fornire migliori condizioni di vita agli agricoltori, è stata invece contestata dalle opposizioni come tentativo di indebolire la resistenza dei gruppi autonomisti.

CONDIZIONI ECONOMICHE
La secolare, arcaica impalcatura socioeconomica del paese ha ricevuto un decisivo colpo nel 1974 dalla rivoluzione militare che, deposto l’imperatore, ha instaurato un nuovo corso ispirato a principi di progresso nel quadro del ‘socialismo etiopico’. Fino a quella svolta storica, nonostante parziali e sporadici tentativi di rinnovamento, il paese era rimasto quasi prigioniero delle sue anacronistiche strutture sociali, ancorate a profonde tradizioni classiste e ad antichi privilegi tribali. Il primo atto veramente rivoluzionario del regime d’ispirazione marxista fu la riforma agraria (1975), i cui risultati furono nel complesso deludenti, in parte a causa del tenore di vita e del livello culturale estremamente bassi delle masse contadine. Anche la nazionalizzazione delle industrie, tendente a coinvolgere nella gestione delle imprese la componente operaia, non produsse il salto di qualità che era nelle aspettative. Il nuovo governo post-rivoluzionario, convertitosi già nel 1991 all’economia di mercato, avviò un programma di ricostruzione e di rilancio dell’economia, d’intesa con le istituzioni finanziarie internazionali. Ma la nuova guerra con l’Eritrea (1998-2000), le costanti tensioni sul confine somalo e le ricorrenti siccità hanno inceppato i programmi di sviluppo e aggravato i problemi strutturali dell’economia etiopica: l’eccessiva dipendenza dal settore agricolo, l’insicurezza alimentare, l’inadeguatezza delle strutture, il conseguente elevato grado di dipendenza dal sostegno economico internazionale.
L’economia rimane fondata essenzialmente sul settore agricolo, che contribuisce per il 42% alla formazione del prodotto interno lordo e per il 60% al valore complessivo delle esportazioni, e che impiega la stragrande maggioranza (80%) della forza-lavoro. Nomadismo pastorale e agricoltura sedentaria (con o senza allevamento) si spartiscono inegualmente il territorio. Il 48% è considerato agricolo, ma solo l’11% è realmente coltivato, mentre il rimanente è lasciato a pascolo naturale. Le colture dominano sui massicci montuosi, mentre le pianure e i pianalti circostanti sono il regno della transumanza. L’agricoltura punta su due diversi obiettivi: la coltivazione di prodotti di sussistenza e quella di prodotti destinati alla commercializzazione. Le colture di sussistenza riguardano i cereali, quali il sorgo, il tef (una specie di miglio) e, da epoche recenti, il grano e il mais, le cui produzioni rimangono peraltro modeste. Si aggiunga, sempre per l’alimentazione locale, tutta una gamma di prodotti ortivi (legumi, patate), insieme con numerose piante oleifere, tra le quali la palma da olio e il sesamo. L’agricoltura commerciale rimane, tuttavia, la base portante dell’intero settore, su di essa il governo interviene con l’introduzione di metodi moderni e tecniche innovative. Tra le colture di piantagione domina il caffè, diffuso principalmente nello Harar, cui si affiancano il cotone e la canna da zucchero (la prima soprattutto nelle zone irrigue della Rift Valley; la seconda specialmente nella valle dell’Awash, dove la diga di Koka fornisce l’acqua per l’irrigazione). L’allevamento è, accanto all’agricoltura, la seconda occupazione degli abitanti. Prevale il patrimonio bovino ma numerosi sono anche gli ovini e i caprini, mentre asini e muli sono ancora largamente impiegati nei trasporti. L’intero settore agricolo è pesantemente condizionato dalle ricorrenti siccità: in occasione di quella del 2002-03, la sopravvivenza di 13 milioni di abitanti fu possibile soltanto grazie agli aiuti alimentari, fino al ristabilirsi delle condizioni meteorologiche normali.
Tra gli Stati africani l’Etiopia è uno dei più poveri dal punto di vista minerario, sebbene siano stati individuati giacimenti di platino, oro, ferro, rame, zinco, piombo. Anche per quanto riguarda le risorse energetiche la situazione è critica, in quanto sono assenti sia il carbone sia gli idrocarburi; suppliscono le buone disponibilità idriche, alla cui utilizzazione ottimale tendono gli sforzi del governo.
Le condizioni del settore industriale sono caratterizzate da strutture per lo più artigianali; i principali impianti interessano i rami alimentare, tessile, del cuoio, cementiero, farmaceutico, localizzati nei maggiori centri urbani; presso la capitale (ad Akaki) è in funzione un’acciaieria che assicura i fabbisogni interni elementari.
Anche le comunicazioni risentono della generale arretratezza e sono inadeguate, oltre che ostacolate dalla tormentata morfologia del territorio. Gravi difficoltà derivano dalla mancanza di affaccio al mare, per cui l’Etiopia dipende dal porto di Gibuti e da porti eritrei e somali. La bilancia commerciale è nettamente passiva, con esportazioni (caffè, pellami, semi oleosi) di gran lunga inferiori, per valore, alle importazioni (prodotti alimentari, prodotti chimici, combustibili, manufatti). I partner principali sono i paesi dell’Unione Europea, il Giappone, gli Stati arabi petroliferi.

RELIGIONE
La popolazione originaria dell’Etiopia prima della colonizzazione sudarabica doveva avere una religione simile a quella propria delle genti cuscitiche in epoche più tarde: venerazione del dio cielo, congiunta con la venerazione di spiriti e geni benefici o malefici; si facevano sacrifici, esisteva una casta di sacerdoti-maghi, ma non si avevano né templi né idoli. I Semiti del regno di Aksum invece adoravano gli dei Astar (Cielo), Meder (Terra), Beḥēr (Paese, Luogo; per altri: Mare) e Maḥrem, che era il dio della guerra.
Il cristianesimo fu introdotto da Frumenzio ed Edesio, il primo dei quali fu consacrato vescovo di Aksum da Atanasio d’Alessandria. Monaci monofisiti (tra i quali i ‘nove santi’, seguaci del monofisismo moderato) si rifugiarono nel regno e vi fondarono vari monasteri, convertendo molti di coloro che erano rimasti ancora pagani. Monaci siri forse concorsero nella versione in etiopico della Sacra Scrittura. Tra i metropoliti etiopici, che venivano dall’Egitto, si distinse Salamà, della seconda metà del 14° secolo. Si ebbero altresì movimenti ereticali, tra cui quello degli Stefaniti (così detti dal monaco eresiarca che essi seguivano), che rigettavano il culto della Vergine e della Croce. I re etiopici esercitarono una pesante ingerenza nella vita della Chiesa, di cui si ritenevano alta guida per mandato divino; uno fra i più energici e attivi fu Zar’à Yā‛qòb (1434-68), che cercò di estirpare abusi e pratiche non ortodosse di ogni genere anche mediante l’opera dottrinale scritta. Con il 15° sec. e soprattutto con il 16° i rapporti con l’Occidente si fecero più stretti, particolarmente con il verificarsi della grande invasione musulmana per opera di Gragn (prima metà del 16° sec.) e l’intervento dei Portoghesi. Al loro seguito i missionari gesuiti cercarono di guadagnare l’Etiopia al cattolicesimo, trovando però grandi difficoltà; il re Susiniòs (1606-32) fece professione di fede romana, ma suo figlio Fasiladàs ritornò alla confessione copta alessandrina.
La Chiesa copta di E., tradizionalmente legata al Patriarcato di Alessandria e a questo rimasta gerarchicamente dipendente fino al 1959, è divenuta poi autocefala, con a capo un metropolita, pāpās o abun, di nazionalità etiopica, nominato da un conclave etiopico. Accanto al metropolita vi sono alcuni vescovi, consacrati dal metropolita, aventi giurisdizione nelle rispettive zone loro assegnate.

LINGUA
Le lingue dell’Etiopia sono di ceppo semitico, cuscitico o camitico, nilotico o di altre famiglie linguistiche. Antica lingua semitica del paese è il ge‛èz, oggi soltanto letteraria, alla quale si ricollegano il tigrè, il tigrino, l’amarico, lo harari, linguaggi questi in diversa misura parlati e scritti in varie regioni dell’Etiopia. Altre lingue semitiche, parlate dalle popolazioni dello stesso nome, sono il guraghe, il gafat (quasi del tutto estinto), l’argobba. L’arabo è parlato dagli arabi immigrati e in parte anche dai musulmani indigeni, specialmente da quelli più a contatto con la costa. La famiglia cuscitica comprende il beja, l’agau, il saho, il dancalo o afar, il somalo, l’oromo, il sidamo, il caffino, l’ometo, e una quantità di altri linguaggi dell’Etiopia meridionale e occidentale, con numerose varietà. Al ceppo nilotico appartengono probabilmente il cunama, il baria e altri linguaggi.
La scrittura etiopica, che si usa per scrivere anche l’amarico, il tigrè e il tigrino, deriva da quella sudarabica; si scrive da sinistra a destra, le consonanti sono vocalizzate, le parole sono separate tra loro da due punti disposti verticalmente, ma non sempre nella scrittura a stampa contemporanea.



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